L’ultimo Saluto a Cesare Ongaro, uno dei fondatori della Festa dell’Uva

L’ultimo Saluto a Cesare Ongaro, uno dei fondatori della Festa dell’Uva

In questi tragici giorni di primavera, se ne va anche una delle colonne dell’attività culturale e ricreativa di Trescore Balneario. Cesare Ongaro era una delle colonne della Pro Loco di Trescore ma non solo, e proprio in questa intervista ricordava la sua decennale attività svolta a favore di queta associazione e dell’intera Comunità di Trescore Balneario, rilasciata in occasione dei 60 anni della Festa dell’Uva. Lui, assieme all’onorevole Giuseppe Belotti e a Renzo Pavesi, ex comandante partigiano, ha ridato vita a questa tradizione che ha segnato nel dopoguerra il comune di Trescore e questa passione per la cultura, per la vita associativa l’ha anche trasmessa anche al figlio Patrizio, per anni una delle anime della pro Loco

L’intervista:

“Ricordo che in piazza – spiega Cesare Ongaro – i ragazzi in divisa regalavano l’uva ai passanti, questo era il legame che già c’era nel trentennio fascista con una tradizione legata al nostro territorio. Poi nel dopoguerra tutto era decaduto e noi nel 1954, dopo aver rifondato la Pro Loco di Trescore, abbiamo deciso di ridare vita a questa tradizione legata al territorio di Trescore, all’attività agricola, alla vite, al vino e all’uva. Due edizioni sono poi saltate, non ricordo quando, ricordo che una era saltata per la grandine, che aveva distrutto tutti il raccolto e per rispetto del lavoro degli agricoltori avevamo annullato la festa perchè non c’era nulla da festeggiare. Bisogna infatti tenere in considerazione che nel primo dopoguerra l’attività agricola era ancora molto importante, era la principale attività in zona. Allora non ce n’erano di feste dell’uva in zona, credo fosse l’unica addirittura in Regione Lombardia. Prima siamo partiti dedicando alla festa due giorni, poi l’abbiamo allargata alla settimana di feste. Quando abbiamo visto che la festa cresceva abbiamo deciso di creare una sorta di palio locale, scimmiottando il palio di Siena. Così abbiamo diviso il paese in 8 contrade: la Torre, la Piazza, il Vallesse, le Fornaci, la Strada, Novale-Macina, Canton e Riva. Ogni contrada aveva dei propri abiti, che richiamavano un po’ l’età medievale ma non avevano nulla di storico. Erano comunque abiti molto belli, caratteristici che oggi sono stati in parte riscoperti. Ogni contrada poi portava un carro. Nel corso della settimana c’erano poi varie gare con punteggi e il gran finale era la sfilata alla fine della quale si consegnava un palio simbolico che veniva tenuto dalla contrada per un anno. La festa era molto sentita, giovani e anziani si davano da fare per preparare i costumi, partecipare alle gare, preparare i carri”. Poi Cesare Ongaro inizia con la carrellata dei ricordi legati alla Festa dell’Uva. “Nel corso della settimana c’erano gare di ogni genere, gare con le carriole, con gli asini, con i sacchi, quelle erano tutte novità per quel tempo, ricordo un anno che facemmo anche la gara con i cavalli, come al palio di Siena, e come a Siena avevamo fatto benedire i cavalli davanti alla chiesa. Era tutto diverso allora, la Festa dell’Uva era veramente un periodo nel quale ci si divertiva si scherzava assieme, tutto il paese”. Tra queste gare c’era anche il palo della cuccagna, probabilmente l’unica gara che si è conservata negli anni. “Avevamo deciso di fare questa gara, avevamo preso un palo di 8 metri e lo avevamo cosparso di grasso. In cima allora c’erano appesi prosciutti, pancette, salami, e le squadre, composte spesso da operai delle ditte del posto, si cospargevano la tuta di sabbia di fiume per aderire meglio al palo. In pochi riuscivano ad arrivare in cima al palo. Oggi invece sono più organizzati, usano la segatura ed hanno tecniche perfezionate per arrivare in cima al palo e prendere i premi”.

Ongaro ricorda poi i concerti, in particolare quello nel quale parteciparono i dirigenti americani della Philip Morris.

“Nel corso della settimana facevamo molti spettacoli anche di un certo livello, da noi sono venuti a cantare Orietta Berti, Little Tony, Bobby Solo, l’orchestra Rai di Beppino Principe e molti altri, erano spettacoli che attiravano molta gente e li facevamo in piazza. Allora la festa non aveva contributi da comune o altri enti, viveva di contributi di aziende, e dei biglietti che vendevamo proprio per questi spettacoli. Per entrare in piazza chiedevamo mille lire, c’erano poi le sedie davanti a 5 mila lire. C’erano poi le lotterie nelle quali il premio più importante era un’automobile. Un anno arrivarono da Milano anche i dirigenti della Philip Morris, ma proprio quella sera lo spettacolo non si fece perchè la cantante, non ricordo chi era, non riuscì ad esserci. Noi avevamo organizzato un rinfresco alla villa Canton proprio per gli Americani e per fargli una sorpresa e rimediare allo spettacolo perso, feci entrare nel cortile della villa i bersaglieri della Garibaldina di Leffe e feci un concerto a sorpresa. Gli americani, che avevano un altro appuntamento alla Scala di Milano, non volevano più andarsene da Trescore. Pochi giorni dopo ci arrivò un assegno di 100 mila lire proprio dagli americani, evidentemente contenti dell’accoglienza avuta a Trescore”. C’erano poi i cavalli, non solo per la gara ma soprattutto per il concorso ippico. “Era un concorso di livello regionale – spiega sempre Ongaro – arrivavano qui da tutta Italia e si gareggiava nel prato dove oggi sono stati realizzati i casermoni. Per qualche anno è stato un fiore all’occhiello della festa dell’Uva”. La festa e l’agricoltura, con la Pro Loco che era riuscita ad organizzare anche convegni importanti sul tema. “Avevamo un rapporto con la camera di commercio e con le rappresentanze provinciali degli agricoltori e ogni anno organizzavamo dei convegni molto partecipati nei quali venivano anche premiati gli agricoltori”. La festa dell’Uva e… l’uva, regalata a tutti, dai carri durante la sfilata ma anche sulla statale 42. “Un anno mi ricordo che avevamo messo sulla statale delle ragazze e regalavamo a tutti i passanti grappoli di uva. Qualcuno inchiodava per prendere l’uva, altri scappavano via pensando di doverla pagare, quel giorno di uva ne è andata. Allora la coltivazione di uva era molto più diffusa, c’erano vigneti ovunque fuori dal paese ed era uva nostra perchè la festa veniva fatta la terza settimana di settembre. Poi la festa è stata spostata all’inizio e difficilmente si ha a disposizione l’uva del posto”.

Ma come è oggi la festa dell’Uva di Trescore, cosa ha conservato delle sue origini? “Ogni epoca ha la sua festa dell’Uva, e questo è innegabile, ma oggi la festa ha perso quello spirito popolare che aveva un tempo”. E per questo probabilmente un colpo è stato dato anche dal figlio Patrizio, per sedici anni vice presidente prima con Francesco Brighenti e poi con Carlo Algisi. Cesare infatti non ha condiviso la scelta fatta dal figlio di portare il British Blues Festival: “Io avrei preferito portare a Trescore qualcosa di più popolare, più legato alle nostre tradizioni, un festival di fisarmonica, di orchestre da ballo, di Mazurca o di valzer. Patrizio e la nuova Pro Loco hanno deciso di puntare sul British Blues che dal punto di vista culturale può essere apprezzato ma che ha poco a che fare con l’animo popolare della festa. La festa ha iniziato a cambiare con la presidenza Trapletti, in questo periodo le contrade hanno iniziato a lasciare la festa e lo spirito del palio si è lentamente spento. Oggi è stato un po’ ripreso il tema delle contrade, anche se ha poco a che fare con la nostra festa, comunque la tradizione rimane e la festa continua ad esserci, anche dopo 60 anni di vita”.

Matteo Alborghetti

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